Un po’ di chiarezza sul restauro della Torre dei Caduti
In riferimento al restauro della Torre dei Caduti di piazza Vittorio Veneto, intervento che si sta completando proprio in questi giorni, e ad alcune cose che si leggono sul web e sui giornali, riteniamo opportuno fare alcune precisazioni.
Innanzitutto, il lavoro realizzato dai tecnici incaricati dall’Amministrazione ha consentito di rimuovere non solo la sporcizia e le patine che l’azione del tempo e dell’inquinamento avevano impresso sulla Torre, ma anche gli effetti di interventi che avevano compromesso i materiali originali.
Per quel che riguarda quest’ultimo aspetto, emblematico è stato il restauro delle lancette e dei numeri dell’orologio che si trova sulle facciate del monumento. Il restauro — la cui lavorazione è stata concordato con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Bergamo e Brescia — ha infatti consentito di rimuovere una vernice di colore giallo paglierino impressa solo qualche anno fa sui manufatti (non solo le lancette, ma anche i numeri delle ore) di bronzo dell’orologio.
La rimozione della vernice — chiaramente non originale — ha pertanto consentito di ritrovare il colore del bronzo — ossidato da quasi 100 anni di storia e agenti atmosferici — con il quale sono stati realizzate le parti in questione dell’orologio. Il Comune di Bergamo ricorda che la doratura del bronzo dell’orologio, a cui si fa riferimento in riviste dell’epoca, niente ha a che fare con la “placcatura” in oro o vernice d’oro dei manufatti. Nel caso della Torre dei Caduti, la tecnica con la quale il metallo venne dorato è quella che prevede l’immersione di lancette e parti bronzee in acido nitrico fino a ottenere un colore brillante, simile a quello dell’oro. Col tempo, perduta la vernice di protezione, tutti questi manufatti tendono ad ossidarsi rapidamente, prendendo un colore più scuro.
Prova ne è il fatto che la statua posata sulla facciata della Torre dei Caduti, pochi metri sotto lo stesso orologio, era stata — come ricordato dalle stesse riviste dell’epoca dell’inaugurazione del monumento — realizzata con la stessa tecnica di doratura. Oggi, anch’essa si presenta di colore scuro, frutto non solo del comunissimo fenomeno dell’ossidazione, ma anche — val la pena ribadirlo — dell’azione degli agenti atmosferici e dell’inquinamento dell’aria dell’ultimo secolo.
La Torre dei Caduti, quindi, a conclusione del restauro, si presenterà — come più volte sostenuto dall’Assessore ai Lavori Pubblici Marco Brembilla — nella sua versione originale, con i manufatti liberati dalle superfetazioni di epoche recenti e i materiali così come erano stati previsti dai progettisti della Torre.
La Torre sarà aperta alle visite, gratuitamente, nel pomeriggio di venerdì 4 novembre.
La storia della Torre
La Torre dei caduti viene realizzata negli anni Venti del Novecento nel centro vitale di Bergamo bassa, in un’area contrassegnata da secolari presenze quali l’Ospedale di San Marco e la Fiera; un’area prescelta, dall’Unità d’Italia in poi, ad accogliere le sedi dell’amministrazione locale e statale nonché delle istituzioni e degli enti operanti nel settore economico-finanziario.
Situata dopo l’accesso monumentale di Porta Nuova di fronte al profilo dell’abitato sul colle, l’area, in seguito a queste decisive trasformazioni, viene percepita dalle autorità locali, dalla cittadinanza e dai turisti non solo quale via d’accesso a Città Alta, ma soprattutto quale «centro cittadino» dove esplicare servizi e funzioni, trascorrere il tempo libero, svolgere iniziative di protesta e di celebrazione.
Alle origini del ripensamento dell’area è la crisi irreversibile della Fiera, a partire dalla metà degli anni quaranta dell’Ottocento, crisi legata a una concomitanza di fattori produttivi, commerciali e sanitari. Dopo l’Unità nazionale prende corpo un vivo dibattito sulla destinazione d’uso del fabbricato e degli spazi: l’amministrazione e i cittadini si dividono tra l’ipotesi di una rinnovata gestione e l’abbattimento definitivo quale conseguenza delle mutate esigenze commerciali e urbanistiche.
Il piano regolatore del 1889 prevede la trasformazione del complesso “per causa di igiene e di vantaggio pubblico”, aprendo la strada alla decisione del 1906 di bandire un concorso nazionale per la ridefinizione dello spazio occupato dalla Fiera e delle immediate adiacenze. Degli undici progetti anonimi presentati, nessuno secondo la commissione propone la soluzione idonea al problema prospettico e artistico alla base del concorso. Il 4 febbraio 1907, mentre sono ancora vive le polemiche in città per il mancato esito del primo concorso, il Comune di Bergamo ne bandisce un secondo.
Tra i ventisette concorrenti, provenienti da tutta l’Italia, la commissione giudicatrice seleziona quattro progetti per il secondo grado. Il 22 aprile 1908 viene dichiarato vincitore Panorama di Marcello Piacentini e Giuseppe Quaroni, che rispetta la bipartizione dell’impianto ottocentesco della piazza, tra l’antica Strada Ferdinandea e il porticato che si affaccia sul Sentierone, e propone per le nuove costruzioni linee architettoniche e altezze pensate per non turbare la visione panoramica di Città Alta.
Nel 1911 il progetto entra in fase esecutiva con alcune varianti, volte a recuperare l’impianto planimetrico già adottato dal Comune nel 1889. L’opera congiunta di Piacentini con noti ingegneri e architetti operanti a Bergamo, Luigi Angelini, Ernesto Suardo e Giovanni Muzio, porta a termine i lavori tra il 1912 e il 1927.