Quando le auto sono tante, non serve allargare le strade, serve ampliare le possibilità
Diversi commenti alla notizia dell’avvio dei lavori per la ciclabile di via Angelo Mai hanno puntato il dito contro la soppressione di circa 200 metri della quarta corsia della via, tra il Liceo Lussana e via Papa Giovanni. Senza però tenere conto di una cosa: ci si lamenta nelle nostre città del traffico dopo stagioni che non hanno fatto altro che allargare strade e parcheggi. E allora perché questo non è diminuito, anzi è peggiorato?
Lo spazio pubblico è prezioso, soprattutto in città. Scontata è la spiegazione, ricollegabile alla antichissima dialettica tra domanda e offerta: laddove diversi usi si contendono pochi metri quadrati, quei metri sono terra di “conflitto”. Le politiche della mobilità sono quasi sempre al centro di questi turbamenti.
La nostra società è ancora fortemente condizionata dalla centralità dell’auto e del mezzo privato a motore e le nostre città presentano ancora spazi estremamente ampi dedicati a carreggiate, parcheggi, zone di transito veicolare, retaggio dell’urbanistica del secondo dopoguerra.
Prendiamo la storia attuale della futura ciclabile in Via Angelo Mai e Via Paleocapa. Come ogni ciclabile toglie spazio ad altri usi; potrebbe togliere posti di parcheggio, in questo caso sacrifica una corsia nel primo tratto, restringe le carreggiate nel secondo. Si “perde” una corsia che per molti anni è stata riservata al trasporto pubblico e che oggi è aggiuntiva rispetto ad una sezione stradale di 3 carreggiate, allargate a 4 solo per poche centinaia di metri.
Dunque non fondamentale, eppure, l’effetto simbolico resiste: si togli spazio alle auto per darlo alle biciclette, con le probabili reazioni di gioia o sconforto a seconda di punti di vista poco propensi a contaminarsi.
Il dibattito sulla mobilità da molti anni ha abbandonato facili silogismi, duri peró a morire: “ci sono tante auto, allora allarghiamo le strade”. Quello è lo schema che ha prodotto città auto-centriche che non funzionano e che oggi vogliamo cambiare.
Soprattutto è uno schema che ha portato solo nuove auto e nuova domanda di mobilità privata a motore, sempre un passo sopra l’offerta
di spazio disponibile.
Non sono servite le “autostrade urbane”, nemmeno dove le hanno fatte come si deve. Semplicemente non funziona così, come se fosse solo una mera questione di dinamica di fluidi.
Questa logica può avere ancora senso per alcune grandi snodi delle infrastrutture esterne, ma nel cuore delle città si devono fare scelte per costruire l’habitat in cui vogliamo vivere. Quando le auto sono tante, non serve allargare le strade, serve ampliare le possibilità, favorendo altri modelli di spostamento. Servono spazi per le biciclette, per i pedoni e per il trasporto pubblico. Vanno inseriti con gradualità, per accompagnare il cambio di abitudini di cultura, oltre che per non mandare in tilt il sistema, ma anche con costanza, determinazione e coraggio.”
Stefano Zenoni, Assessore alla mobilità del Comune di Bergamo