Cosa ha detto il sindaco Gori in occasione dell’inaugurazione del Bosco della Memoria
Ecco il testo integrale dell’intervento che il Sindaco di Bergamo ha tenuto dal palco allestito in occasione della commemorazione del #18marzo e dell’inaugurazione del Bosco della Memoria, il monumento vivo che il Comune di Bergamo e l’Associazione Comuni Virtuosi hanno realizzato all’interno del Parco Martin Lutero alla Trucca.
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“S”ignor Ministro della Difesa, Signor Ministro della Salute, Assessore regionale al Welfare, signor Prefetto, autorità, cari donatori e cari concittadini, in questa giornata dedicata alla commemorazione delle vittime del Covid — a tre anni dall’inizio della pandemia — ci ritroviamo accanto al Bosco della Memoria, l’opera dedicata al ricordo delle migliaia di donne e uomini della nostra provincia che hanno perso la vita a causa del virus.
Piantammo qui il primo albero due anni fa insieme al Presidente Draghi. Oggi, completati i lavori di sistemazione, potremo finalmente inaugurarlo.
Fu la prima ondata, nei mesi di marzo e aprile del 2020, a mietere migliaia di vittime a Bergamo e in provincia. I più erano anziani, donne e uomini di una generazione che il Covid strappò improvvisamente ai nostri affetti e alle nostre comunità. Ma quanti giovani, anche. A tutti loro va il nostro ricordo commosso.
Qualche sera fa ho avuto la possibilità di assistere alla prima di uno spettacolo teatrale di straordinaria suggestione e potenza. Si intitola “Giorni muti, notti bianche”, ed è stato pensato, scritto, messo in scena e interpretato dai medici e dagli infermieri del Pronto Soccorso dell’Ospedale Papa Giovanni, che è qui accanto a noi. Racconta la loro esperienza diretta, ciò che ognuno di loro si trovò a vivere durante le prime settimane di esplosione dell’epidemia, a partire dalla fine di febbraio. E documenta l’incertezza, lo smarrimento, la stanchezza e l’abnegazione di ognuna di queste persone.
Fatico a riferirvi l’emozione e la commozione che ho provato nel tornare a quei momenti, nel riascoltare i dialoghi, le domande senza risposte, le richieste d’aiuto e di conforto che in quei giorni terribili venivano dai malati e dai loro famigliari. Fatico a dirvi il senso di gratitudine che ho provato, nuovamente, nei confronti degli operatori del nostro ospedale. E penso dunque che la Memoria cui è dedicato il nostro Bosco, oltre al ricordo delle persone care che il Covid ci ha portato via, debba contenere anche la nostra riconoscenza verso chi si è preso cura, perché rimanga forte nei nostri cuori.
Ho voluto invitare oggi il Ministro della Difesa, il Ministro Crosetto, perché il 18 marzo è una data inscindibilmente legata alle Forze Armate. Non c’è persona, non solo in Italia, che non leghi il martirio di Bergamo alle immagini dei camion dell’esercito che la sera del 18 marzo — tre anni fa — si incolonnarono lungo via Borgo Palazzo per trasferire a Bologna e a Modena le salme di 80 nostri concittadini.
Erano giorni in cui l’impianto di cremazione del nostro cimitero, pur operando senza interruzione, non poteva lontanamente assolvere alle necessità. Morivano infatti anche duecento persone al giorno. Sollecitammo quindi l’aiuto di altre città, chiamai i colleghi sindaci, e all’allora Ministro della Difesa Guerini chiesi la disponibilità dell’esercito per il trasferimento delle salme. Il primo trasporto avvenne appunto il 18 marzo. Furono dieci autocarri militari, ciascuno trasportava otto bare. Arrivavano da Milano e partirono verso le nove e mezza.
Furono i guardiani del cimitero ad aiutare per il carico, insieme ai militari, a diversi carabinieri e ad alcuni dipendenti del Comune. Si decise di operare la sera, col buio, perché si temeva che la colonna militare potesse alimentare il panico nella popolazione. E invece quelle immagini, girate dal balcone da uno steward di Ryanair e messe in rete, furono fondamentali per Bergamo. Perché più di mille parole ci aiutarono a far capire all’Italia e al mondo la tragedia che stavamo vivendo. Grazie dunque all’Esercito per quel servizio pieno di umanità.
E grazie a chi ha messo in sicurezza le nostre vite, nei mesi successivi, attraverso l’implementazione del piano vaccinale, nelle sue diverse fasi. L’impegno profuso da tutte le istituzioni sanitarie, e da tanti volontari, accompagnato dall’adesione responsabile della grande maggioranza dei cittadini, ha fatto sì che potessimo finalmente sentirci al riparo.
Se il mondo — e noi con lui — ha potuto lasciarsi il Covid alle spalle, al netto delle successive ondate, delle varianti, delle contestazioni, è grazie ai vaccini, ovvero alla straordinaria alleanza tra scienza, istituzioni pubbliche e imprese. Il piano vaccinale che il Generale Figliuolo e Guido Bertolaso hanno coordinato per mandato del Governo nazionale e di Regione Lombardia, rispettivamente, ci ha consentito di ripartire, di tornare al lavoro e di ritrovare la nostra vita.
Un grazie speciale avrei voluto rivolgere anche al professor Franco Locatelli, medaglia d’oro della Città di Bergamo, per il suo straordinario impegno professionale, scientifico e civile. Mi dispiace che oggi non abbia potuto essere con noi.
Non credo spetti a me, soprattutto in un’occasione di questo tipo, parlare dell’inchiesta avviata dalla Procura di Bergamo. Di fronte alla sua ricaduta mediatica, ricordando le tante vittime, avverto però un bisogno di silenzio. Lo stesso che il Presidente Mattarella ha osservato in segno di rispetto e cordoglio dinanzi alle bare dei naufraghi di Cutro.
Tre anni fa è accaduto qualcosa di spaventoso. Un virus totalmente sconosciuto ci ha trovati impreparati. Le persone sono morte qui come nei Paesi più avanzati. E però qui, alla luce di quanto è successo qui, in questo Paese e in questa parte del Paese, qualcosa dovremmo aver imparato.
Aldilà dei meriti che ho ricordato anche poco fa, aldilà dei miracoli che si sono fatti nei nostri ospedali, l’esplosione della pandemia ha infatti evidenziato i limiti di un sistema sanitario trascurato e impoverito, soprattutto nella sua organizzazione territoriale. Dovremmo di conseguenza aver compreso, in generale, il valore insostituibile della salute pubblica, e la necessaria centralità del Servizio Sanitario Nazionale. La Missione 6 del PNRR ci indica come rafforzarlo, attraverso le Case della comunità e gli ospedali di prossimità. Perché però funzionino non sono sufficienti i muri, servono le persone. Oggi invece i medici sono meno di quanti erano tre anni fa, e così gli infermieri. La rete della medicina generale è più fragile, e così i servizi di pronto soccorso.
Quella di SARS-Cov-2, o se preferite di Covid-19, è stata la prima pandemia dell’epoca della globalizzazione. Gli esperti sono concordi nel ritenere che non sarà certamente l’ultima.
Nello specifico, oggi sappiamo che per difendere i nostri cittadini è fondamentale disporre di efficaci sistemi di sorveglianza epidemiologica, di sistemi di allerta e di sistemi evoluti di diagnosi, che utilizzino tutta la tecnologia disponibile. E che la formazione è importantissima.
Questo è dunque l’atteggiamento che dovremmo a mio avviso avere: un silenzio rispettoso ma operoso, volto a fare sì che la prossima pandemia non ci debba trovare impreparati.
Signori Ministri, caro Guido, è così che siamo chiamati ad onorare le vittime che ricordiamo con il Bosco della Memoria, è così che possiamo rendere loro giustizia: evitando che ciò che è accaduto nel marzo del 2020 possa nuovamente ripetersi.
Vi ringrazio.”